Il primo massiccio popolamento delle isole avvenne quando le popolazioni della terraferma scapparono dai barbari invasori, nel V° secolo d.C., e successivamente dai Longobardi, (641).
Risalgono al periodo Romano resti di ville a Torcello, di cinte murarie a Malamocco, e testimonianze certe dell’utilizzo di Chioggia come porto;
queste località, insieme a Murano, Mazzorbo, Pellestrina, Costanziaco ed Ammina (ora scomparse), sono le prime isole ad essere abitate.
Solo successivamente sorgeranno insediamenti a Rialto che diverrà in seguito il centro della città di Venezia.
Abbandonate da Roma ormai in decadenza, queste genti cercarono protezione all’interno della Laguna, dov’erano completamente isolate dal resto dell’Europa.
La vera fortuna di Venezia! L’isolamento dalla terraferma ha infatti evitato invasioni e saccheggi per oltre mille anni, caso unico nella storia europea.
Le città dell’entroterra veneto andarono a colonizzare le prime isole: i padovani andarono a Rialto e Malamocco, Treviso e Altino contribuirono alla nascita delle isole della laguna nord, gli abitanti di Este e Monselice si riversarono su Chioggia e Pellestrina.
Secondo la tradizione si data la fondazione della Serenissima il 25 marzo 421, data di inizi del calendario veneto (more veneto), che per comodità viene riportato al 1 marzo: il capodanno veneto (cao de ano).
La prima capitale della nascente repubblica fu Eraclea, da cui provenivano i primi dogi. L’organizzazione, prima a comune e poi a vero e proprio stato, iniziò intorno al 700, con il trasferimento della capitale dapprima a Malamocco (740) e poi a Rialto (nell’810, attorno all’esistente civitas Rivoalti), per decisione del doge Agnello Partecipazio, autore nella decisiva battaglia adriatica tra Franchi e Bizantini. Negli accordi di pace che seguirono (814), le terre venete furono assoggettate a Bisanzio. Questo sarà nei secoli futuri un blando protettorato, in quanto i Veneti godettero sempre, fin dalla nascita, di una completa (anche se informale) libertà.
Ma è solo dopo il mille che la Laguna prende la fisionomia che conosciamo oggi, grazie ai numerosi interventi effettuati dalla Serenissima a protezione dall’interrimento, per mantenere aperte le vie verso il mare e contemporaneamente l’isolamento dalla terraferma.
Le genti che si trasferirono attorno alla nascente città non erano più fuggiaschi, ma veri padroni del mare; commercianti, grandi navigatori, pescatori, carpentieri e calafati. Venezia nacque libera e, liberi da ogni soggezione con il continente, i veneziani guardavano verso il mare.
Agli inizi del mille il doge Pietro II° Orseolo organizzò una flotta in risposta alla richiesta di aiuto delle popolazioni dalmate assoggettate alla tirannia degli slavi; a seguito della vittoriosa spedizione il doge assunse il titolo di Duca della Dalmazia, dando così il via all‘espansione marittima della repubblica.
Alla fine dell’XI° secolo, a seguito della guerra tra gli alleati veneto-bizantini e i Normanni (sostenuti dallo stato Pontificio) che avevano occupato Durazzo e Corfù, la Serenissima ottiene l’Albania, tre scali nel Corno d’Oro, e la libertà di transito nell’impero Greco, con l’esenzione da tutte le tasse.
E’ da notare che le azioni militari di Venezia non erano mai di conquista, ma miravano sempre al consolidamento del predominio sui traffici marittimi, garantendosi porti amici, rotte sicure e libere da pirati e condizioni doganali favorevoli.
Le amministrazioni locali e gli ordinamenti delle terre conquistate rimanevano per lo più inalterati. I possedimenti coloniali erano indispensabili per i commerci, e l’interesse primario era che in essi regnassero benessere e pace.
L’organizzazione statale passò da una forma di repubblica federata, ad una monarchia repubblicana con poteri limitati ed elettivi. Il potere esecutivo era assegnato al Minor Consiglio, composto da nove membri più il doge. Il Maggior Consiglio, composto da centinaia di membri appartenenti alla più potenti famiglie (l’oligarchia dell’aristocrazia mercantile fu una costante nel governo della Serenissima), emanava leggi, nominava i magistrati, il doge e i governatori. A supporto del Maggior Consiglio vi era il Senato, con funzione di alleggerimento dei lavori nella gestione e amministrazione statale. A fianco dei Consilia vi erano i tre Officia, veri organi di governo (i moderni ministeri).
Venezia aveva la sua arma più potente nella diplomazia e nella neutralità, e cercò di resistere alle ripetute richieste del Papa di intervento in terra santa.
Ma i governanti Veneti non poterono lasciare inascoltate le continue richieste di Urbano II°, partecipando alla prima (1095) ed alla quarta crociata (1204). Quest’ultima segnò la massima espansione della Repubblica di San Marco, con la nascita dell’Impero Latino d’Oriente, l’assegnazione delle terre europee dei Dardanelli e del mar di Marmara, le isole Ioniche e altre isole greche.
Dal 1300 aumentarono i problemi politici e territoriali dei veneti.
Se da un lato la Repubblica riusciva sempre, con abile opera, a tessere relazioni diplomatiche con francesi, austriaci e papa, dall’altro erano continue le scaramucce di confine con i padovani, e con la sempre più potente signoria dei Visconti di Milano.
Questi problemi nella terraferma impegnavano uomini e mezzi che venivano tolti dal mare, dove i nemici di San Marco si moltiplicavano, colpendo così il suo interesse vitale, cioè il commercio.
Nel XIV° sec. Venezia sostenne tre guerre contro l’unica sopravvissuta delle altre tre Repubbliche Marinare[2], Genova, che andava conquistando le isole del Mediterraneo orientale[3]. Dovette inoltre tenere a bada gli ungheresi e i pirati uscocchi in Croazia, gli austriaci a Trieste, e il nascente impero Ottomano, il quale segnerà successivamente l’inizio della decadenza di Venezia.
L’inevitabile guerra turco-veneziana (1463 – 1479), incominciò con l’attacco ad opera dei turchi del castello di Argo (Peloponneso, Grecia) il 3 aprile del 1493, seguito dalla successiva perdita di Negroponte (Calcide, Grecia centrale) durante la caduta di Costantinopoli.
Gli ottomani furono gli artefici della caduta di Costantinopoli il 29 maggio 1453. Questo fatto commosse l’Europa e Venezia, che nei secoli era sempre stata amica dei bizantini.
La caduta di Costantinopoli e la fine dell’impero d’Oriente, durato 11 secoli, contribuì a fermare i continui litigi tra gli stati italiani, coalizzati ormai tutti contro la troppo potente Venezia (pace di Lodi, 9 aprile 1954, che diede luogo alla Lega Santa[M1] ).
La lega di Cognac del 1526, vide stavolta alleati i veneti con i francesi e Firenze, a difesa dei lanzichenecchi che, discesi dalla Germania, invasero Milano e saccheggiarono Roma. Venezia perdette in questo caso i porti pugliesi di Otranto, Monopoli, Gallipoli , Brindisi e Trani (tornati al regno di Napoli), ma mantenne intatta la propria libertà e il proprio dominio sull’Adriatico, senza piegarsi alla minaccia imperiale e senza rinunciare alla difesa dell’Italia.
A metà del XV° secolo i possedimenti della Venezia marittima raggiungevano la massima espansione . Oltre ai già citati territori del “dominio del mar“, in terraferma erano assoggettati alla Serenissima quasi tutto il Veneto, il Trentino, il Friuli (ad eccezione dei territori austriaci di Codroipo e Pordenone), l’Istria e la Dalmazia, e le province di Brescia, Bergamo e Cremona. Con la spedizione di Antonio Grimani, come rappresentante di Venezia nell’alleanza per ricacciare i francesi fuori dai confini italiani, il controllo del napoletano tornò agli aragonesi, che in cambio cedettero ai veneti il controllo dei principali porti pugliesi.
Ma, da una parte le grandi potenze europee (Austria, Francia, Spagna), che avevano mire sulle varie regioni italiane, e dall’altra i turchi che cercavano il dominio del mare, avevano un obiettivo in comune: eliminare la repubblica di San Marco, unico vero stato indipendente italiano che in più occasioni era resistito allo straniero (Lega di Cambrai: Francia, Austria, Papato, Spagna, Inghilterra e Savoia unite contro Venezia. Dicembre 1508).
Gli ottomani dominarono poco a poco il Mediterraneo orientale, le cicladi, arrivando infine alle porte dell’Adriatico. La repubblica di Venezia riuscì a salvare solo Cefalonia, dopo estenuanti e segrete trattative diplomatiche. Nell’entroterra, pur avendo contro il resto d’Europa, Venezia riuscì a mantenere i domini del Veneto e di parte del Friuli, grazie alla diplomazia e alla perfetta organizzazione politica e finanziaria della città-isola (battaglia alla Motta, presso Vicenza, e resistenza del castello di Osoppo, 1513-15)[M2] .
Venezia partecipò alla lega santa, voluta dall’Europa quando i turchi si fecero troppo minacciosi. Alla fine del XVI° secolo la Repubblica cercava di mantenersi il più possibile neutrale, evitando le evocate lotte armate papali contro i luterani, tollerando e concedendo asilo a chiunque lo chiedesse: profughi napoletani, genovesi, fiorentini. Essa si adeguava ai tempi per mantenere floridi i propri affari, infatti gli avvenimenti di questo secolo, quali la scoperta dell’America e quella della via delle indie, indussero la nascita dell’importante istituzione dei “savi della mercanzia”, mentre l’arsenale statale orientò il proprio lavoro sulla costruzione di vascelli di grosso tonnellaggio, adatti alla navigazione oltre Gibilterra, verso Buona Speranza e i porti olandesi di Anversa e Amsterdam.
Il 7 ottobre 1571, 200 galee cristiane si scontrarono contro le 272 navi comandate da Capidan Alì Pascià. La vittoria di Lepanto non ebbe le conseguenze sperate, non fu sfruttata dalla lega santa a causa dei successivi litigi tra gli europei. Venezia perse definitivamente Cipro e importanti territori in Albania.
Il seicento è il secolo dell’inizio della fine per la Repubblica.
Le ragioni sono varie: la concorrenza nei commerci marittimi di portoghesi, olandesi, fiamminghi, francesi, inglesi e spagnoli. E il contemporaneo spostamento dei principali traffici dal Mediterraneo all’atlantico. Agli inizi del ‘600 i difficoltosi rapporti tra il governo Veneto e la santa sede assunsero i contorni di uno scontro diretto, allorché vennero usate vecchie leggi di natura economica che coinvolgevano beni e uomini di chiesa. Il 10 dicembre 1605, brevi papali intimarono al senato l’annullamento di due decreti, pena la scomunica. La difesa della Serenissima era affidata all’ufficio di teologo della Repubblica, nella persona di fra’ Paolo Sarpi. Il frate sostenne la difesa in base al principio che l’ingerenza ecclesiastica nella sfera civile era illegittima, come lo era la minaccia di scomunica.
La bolla di scomunica, emessa nell’aprile del ’07, non intimorì il doge Leonardo Donà che, grazie all’abilità diplomatica e all’assistenza giuridica del Sarpi, riuscì a fare ritirare la bolla prima della fine dell’anno, ed ebbe il riconoscimento dalla chiesa del principio di diritto sovrano di uno stato a legiferare.
Lo stesso Paolo Sarpi , ebbe il merito del riconoscimento internazionale della giurisdizione sull’Adriatico, e sul controllo delle vie fluviali da parte di Venezia, sostenendo il principio del possesso per “virtù delle armi e della lontana consuetudine“[4].
Dal punto di vista militare e delle finanze è un periodo che vede la Serenissima stremata da decenni di guerre, la cui nobiltà si dimostra disinteressata al mare, preferendo orientare i propri interessi sulla terraferma. Così facendo, Venezia si trova a sopravvivere, neutrale, tra i conflitti del 1600 – 1700, in un contesto di crisi economica che investe tutta l’Europa.
Venezia è un primario centro artistico e culturale, punto di riferimento per artisti e letterati di tutta Europa. Venezia esporta cultura, con artisti del calibro di Tiepolo, Canaletto, Bellotto, Vivaldi, Goldoni, Canova, solo per citarne alcuni. Ma contemporaneamente incomincia a perdere il proprio peso politico e diplomatico, a causa della propria classe dirigente (l’aristocrazia), e finirà per consegnarsi senza combattere a Napoleone.
Il progressivo disinteresse al mare coincide con l’impoverimento delle casse pubbliche e l’inevitabile taglio alle spese militari, dovendo obbligatoriamente scegliere per una neutralità che non sarebbe stata anche immunità.
A seguito della rivoluzione francese, Napoleone Bonaparte scende in Italia e, scacciati piemontesi e austriaci, arriva a Venezia.
Dopo 1100 anni di Repubblica, e addirittura 1376 di “acquatica esistenza”, la Serenissima decide di ridare il potere al popolo, assolutamente in linea con la tradizione culturale di mettere in conto della saggezza politica “il cedimento come virtù”.
L’invasore francese, dopo avere promesso libertà ed indipendenza, cede all’Austria ciò che non è suo: uno stato, un popolo, una cultura che non gli appartengono.
Stesso destino per territori dell’Istria e Dalmazia, fedeli alla Serenissima, che ha sempre garantito loro autogoverno, libertà e protezione.
Galea sottile. Ricostruzione conservata presso il museo storico navale[5] a Castello.
(Marino Coltro, 2012)
[1] Giovanni Distefano, Atlante storico della Serenissima, Venezia 2010.
Su internet vedi anche wikipedia, la repubblica di Venezia: http://it.wikipedia.org/wiki/Repubblica_di_Venezia
[2] Le Repubbliche Marinare, i cui quattro simboli sono inseriti al centro del tricolore nelle bandiere della marineria italiana, cioè Amalfi, Pisa, Genova e Venezia.
Amalfi era già una civitas all’inizio del VII° sec. Dapprima dipendente dal ducato di Napoli , come Venezia sotto la sovranità dell’imperatore d’Oriente, divenne autonoma nel IX° sec. ed estese ben presto i suoi traffici commerciali dal Tirreno al Mediterraneo orientale, fino al mar Nero, Gerusalemme e Alessandria d’Egitto.
La sua decadenza fu altrettanto rapida dell’ascesa, a causa della rivalità con Pisa e Genova; dopo la conquista dei normanni (1131) perse la libertà e decadde inesorabilmente. La Repubblica di Amalfi ci ha lasciato il primo esempio della storia di codice marittimo: le tavole amalfitane, in cui sono dettate le regole della navigazione e dei rapporti tra la gente di mare e la gente di terra.
La nascita di Genova risale al X° secolo, allorché i suoi abitanti si organizzarono per difendersi dai saraceni. Costruirono fortificazioni e navi, con cui si dedicarono a loro volta alla pirateria e ai saccheggi di Sardegna e Corsica. La repubblica di Genova non ebbe un’organizzazione statale vera e propria, il potere era concentrato nelle mani di poche ricche famiglie, protette da soldati mercenari.
Allo stesso periodo si riferisce la nascita di Pisa come potenza marittima. Il destino delle due repubbliche proseguì di pari passo, vedendole ora alleate e ora nemiche. La sua decadenza fu determinata dai nemici Genova e Firenze, la quale continuerà a perseguitarla anche dopo la perdita della libertà nel 1284 (battaglia presso lo scoglio della Meloria, ad opera dei genovesi). A loro volta i genovesi persero la loro sconfitti ad Alghero, ad opera dei veneziani (1353), che annientarono dla flotta della Suberba, inducendo il doge Giovanni Valente ad aprire le porte della città all’arcivescovo Giovanni Visconti, duca di Milano.
[3] La guerra di Chioggia, causata da uno dei rari tentativi dei penetrazione in Laguna da parte di stranieri (il prossimo sarà Napoleone), vide i genovesi penetrare nella Laguna e i veneziani rispondere in forze, compatti intorno al doge Andrea Contarini e al comandante Vettor Pisani, che affondò alcune navi cariche di pietre. i genovesi si videro intrappolati nella laguna sud, alle porte di Chioggia. Dopo quasi un anno, nel giugno del 1380, Pietro Doria si arrese con i suoi 4000 uomini. La città di Chioggia fu la prigione dei genovesi, alcuni dei quali rimasero anche dopo la fine della loro Repubblica. Forse questo è il motivo della cadenza cantilenata del dialetto chioggiotto.
[4] Principio tutt’ora in uso nel diritto internazionale del Mare, nel caso della inclusione di un golfo a territorio dello stato, prescindendo dall’estensione e distanza dalla costa, quando sia provato il prolungato esercizio di sovranità dello stato costiero (c.d. baia storica. Art. 7 della Convenzione di Ginevra e art. 10 della Convenzione di Montego Bay), come, ad esempio il Golfo di Taranto, che si spinge ben oltre le 12 miglia delle acque territoriali italiane.