Un’opera tanto discussa di cui pochi conoscono la storia e le criticità.
In copertina: Nel cuore del sistema Mo.S.E a 19 metri sotto il mare, dove passano tutti gli impianti di movimentazione delle paratoie e gli elementi connettori dell’opera.
Premessa.
So che questo articolo, critico verso il MoSE, non andrà di moda in questi giorni in cui il sistema sta effettivamente salvando la Laguna, ma si è già visto che le previsioni sul suo utilizzo, come tante altre variabili annunciate al momento dei progetti, sono state smentite dai fatti di cui si parlerà nell’articolo.
Il suo aiuto è stato determinante durante l’ultima burrasca in concomitanza con l’alta marea di sigizie in cui la marea ha toccato la punta record di oltre 2 metri alla bocca di Malamocco la mattina del 22 novembre 22, la terza più alta marea degli ultimi 100 anni. Le paratie sono state sollevate dal 21 al 25 novembre, il picco massimo citato la mattina del 22.
Durante le nostre uscite in catamarano a spasso per la Laguna, l’argomento immancabile a bordo è proprio questo.
Le domande che mi fanno di solito sono del tipo: “ma sto mose funsiona, serve a calcossa?” Risposta: “de sicuro a mantenere tante fameje, altro no so”.
A onor del vero le paratoie sono entrate in funzione e indubbiamente hanno svolto il loro lavoro, evitando l’acqua alta almeno una decina di volte, dall’autunno del 2020 ad oggi. Fin dalle prime volte hanno rivelato subito quei problemi che i critici dell’opera avevano messo in dubbio, come la corrosione delle cerniere e il mancato funzionamento delle conche di navigazione. Ma soprattutto rimane l’incognita risonanza.
Cos’è il Mo.S.E. (Modulo Sperimentale Elettroidraulico)
Le 78 paratie che formano le dighe mobili sono dei cassoni di metallo larghe ognuna 20 metri e alte dai 18 ai 29 metri, del peso di decine di tonnellate ciascuna (ognuna pesa più di un Boeing 747, per capirci). A riposo, piene d’acqua, giacciono orizzontali sui loro alloggiamenti in calcestruzzo sul fondo del canale.
Superata la soglia critica di marea (110/130 cm) viene tolta l’acqua mediante pompaggio di aria compressa all’interno delle paratie, in questo modo esse si sollevano ruotando nelle cerniere poste sui cassoni. La durata totale delle operazioni di innalzamento e abbassamento è di 5 ore.
La storia
La storia del più grande scandalo italiano incomincia nel 1973, anno della Prima Legge Speciale per Venezia, in cui vengono istituite la Commissione per la salvaguardia della città e il Comitato tecnico scientifico.
La Commissione ha al suo interno i rappresentanti degli enti locali, delle autorità politiche, artistiche, sanitarie e tecniche del Veneto, oltre ai rappresentanti di ben sei ministeri, dell’Unesco e del genio civile.
Viene bandita una gara internazionale a cui partecipano 5 società, i cui progetti sono tutti bocciati dalla commissione esaminatrice, che tuttavia tratterrà il materiale presentato dalle società.
Il ministero (dei lavori pubblici) affida ad un comitato scientifico i progetti presentati. Il comitato è presieduto dal professor Ghetti, preside della facoltà di scienze dell’università Cà Foscari. Dal lavoro coordinato dall’università nasce il “progettone“, che affronta la questione della difesa della città e della sua Laguna nei dettagli, definendo progetto tempi e costi, il tutto con i criteri richiesti dalla Legge speciale e cioè gradualità, reversibilità, sperimentalità.
Fin qui tutto bene, ma arriviamo ora al punto di svolta. È il 1982, ministro delle partecipazioni statali è il veneziano De michelis, il quale dichiara che l’eccezzionalità dell’opera permette di non dover rispettare la normativa europea sull’affidamento degli appalti nei lavori pubblici, ribadendo comunque di seguire i criteri di gradualità, reversibilità e sperimentalità.
Si decide cioè di affidare tramite chiamata diretta l’ideazione, il progetto, l’esecuzione e il controllo delle opere ad un unico soggetto.
Il consorzio Venezia Nuova è il soggetto in questione, formato da 29 aziende pubbliche e private, che agiranno come da potentissima forza di persuasione nelle future decisioni politiche, orientando l’opinione pubblica tramite la stampa. Non si terrà conto né della corte dei conti (che solleva forti perplessità sull’affidamento ad un unico attore), né della decisione del consiglio superiore dei lavori pubblici (che boccia l’idea delle paratoie mobili, con sentenza del 15 marzo 1990), né del gruppo di lavoro del comune di Venezia.
L’attuazione dell’impianto criminogeno avviene con la seconda Legge speciale per Venezia del 1984. La cosiddetta “Legge in deroga” tira dritto sulla concessione unica, pur ribadendo che gli indirizzi governativi sono quelli della sperimentalità, gradualità e reversibilità, rimarcando che le opere alle bocche di porto devono essere solo uno dei tanti interventi volti al ripristino idrologico della Laguna, e non l’unica opera volta all’attenuazione delle maree in Laguna.
Sono stanziati i primo 600 miliardi di lire e affidato l’incarico al Consorzio, il quale godrà dell’appoggio dei governi Ciampi, Amato, Prodi, Berlusconi, e della Regione Veneto.
Il comune di Venezia invece ha dato vita ad una serie di iniziative, su iniziativa del sindaco e della giunta a guida Massimo Cacciari (sindaco dal dicembre 93 al maggio 2000 e dal 2005 al 2010) per dare voce alla città, spesso in contrasto con il consorzio. Dopo il 2000 invece, con il nuovo sindaco Paolo Costa è tutto affossato; il primo cittadino non ha ritenuto di dover prendere parte alla discussione sul tema MoSE. Costa si è perfettamente allineato alle decisioni calate dall’alto, limitandosi a tagliare nastri con indosso la fascia tricolore.
I Gruppi di lavoro voluti da Cacciari hanno richiesto la VIA (valutazione di impatto ambientale), procedura standard richiesta per le grandi opere; in risposta il Comitatone del consorzio istituisce un gruppo di esperti internazionali. Il risultato della VIA è la bocciatura del MoSE mentre gli esperti danno la loro approvazione, raccomandando però di verificare mediante modelli di calcoli più adeguati i fenomeni di risonanza nel comportamento dinamico delle paratie, la stessa critica espressa dal consiglio superiore dei lavori pubblici.
Il consorzio nuovamente se ne frega e tira dritto senza tenerne conto.
Arriviamo al marzo 2001, quando il governo Amato da il via alla fase esecutiva dei lavori, ribadendo ancora una volta che gli interventi diffusi devono avere la priorit risetto alle opere alle bocche di porto, cercando prima di tutto di ripristinare le capacità naturali della Laguna a ricevere e dissipare le maree come succedeva prima dello scavo dei grandi canali portuali, quando si volevano in Laguna navi sempre più grandi e si sono scavati canali fino a 18 metri di profondità.
Ma torniamo al comune di Venezia. Se Costa non si interessa minimamente della questione, nel 2005 viene rieletto sindaco il filosofo Massimo Cacciari. Questi ha basato la campagna elettorale proprio sul MoSE, convinto del fatto che la città debba poter gestire, o almeno partecipare alla gestione della propria Laguna, e non subendo decisioni calate dall’alto. Sono prese una serie di iniziative per proporre soluzioni alternative o per lo meno di modifiche sull’attuale progetto. Ogni iniziativa è stata puntualmente respinta senza discussione. Non su basi tecniche ma su basi politiche o direttamente dal Consorzio stesso, dall’alto del suo scandaloso ruolo autoreferenziale.
I governi si succedono, e con loro i ministri, che spesso sono contrapposti sulla questione. Il ministero dell’ambiente ha più volte acettato le tesi del Comune riguardo possibili modifiche ai lavori, ma altri ministeri (lavori pubblici) hanno tirato dritto bocciando qualsiasi proposta.
Il 22 novembre 2006 (giusto 16 anni fa) il capo del governo Romano Prodi dice il suo no definitivo a tutte le proposte della giunta Cacciari e da il via libera ad un fiume di denaro al consorzio Venezia Nuova.
I costi
Nel 1988 il Consorzio fa il calcolo costi / benefici: si stimano i costi totali in 4,2 miliardi (per comodità scrivo la cifra in euro), inclusa la manutenzione per 100 anni (durata di vita stimata). Invece i danni in assenza delle dighe vengono quantificati in 6,1 miliardi. Conclusione: l’opera è conveniente.
Per entrambi i conteggi non è dato sapere i criteri di calcolo né nessun tipo di dettaglio.
Nel 2011 il conto dei costi è aggiornato a 6,2 miliardi, incluso il compenso astronomico di 744 milioni per il Consorzio. Nessuno ha mai chiesto un rendiconto della lievitazione dei costi, accettati senza controlli; i costi della paratoie messi in conto allo Stato al loro prezzo di mercato in Italia, ma queste sono state assemblate nei cantieri navali di Spalato, dove i costi di manodopera e materiali sono minori che in Italia.
Attualmente ogni operazione di azionamento delle dighe ha un costo di oltre 200mila euro.
Le alternative
Nell’arco temporale di cui abbiamo parlato, ci sono state molte proposte alternative o complementari al MoSE, di cui come si è detto, il Consorzio non ha tenuto conto. Va detto che queste alternative non vogliono essere presentate come migliori ma certamente andava valutata ogni singola proposta, visto che provenivano tutte da professionisti del settore e non da ciarlatani in cerca di fama. Soprattutto queste proposte hanno il vantaggio dell’economicità, della reversibilità, e della gradualità: qualità che il MoSE non possiede.
Si elencano di seguito le singole proposte e i loro autori, rimandando a chi è interessato ad approfondire a cercare le pubblicazioni relative.
- Il professor Luigi D’Alpaos afferma che con la previsione dell’innalzamento del mare le dighe dovranno essere azionate molto più spesso di quanto previsto nel progetto iniziale perché i 110 cm saranno un evento non eccezionale ma frequente. La previsione si è rivelata esatta in quanto per circa la metà degli azionamenti delle paratoie il livello di marea tra novembre e i primi di dicembre 2022, è tra 110 e 125 centimetri. Per questo il professore, uno che ha studiato per una vita l’idraulica lagunare, ha proposto di intervenire sui moli foranei e sul rialzo dei canali per arrivare a ridurre l’acqua alta di 20 centimetri.
- Un altro progetto da citare (ma che non conosco) è il Ve.Per.La, che invito ad approfondire: De Piccoli, PROGETTO SENZA MOSE.
- Le NAVI PORTA, di Alberto Pellegrinotti.
- PARATOIE a GRAVITÀ, progetto brevettato dagli ingegneri Di Tella, Sebastiani, Vielmo. È stato rifiutato dal ministero dei lavori pubblici adducendo, come al solito, argomenti burocratici e non tecnici.
Gi ingegneri autori del lavoro sono stati querelati per diffamazione dal Consorzio, il quale ha richiesto un risarcimento milionario. Alla fine sono stati assolti, ma il Consorzio ha ottenuto di chiudere loro la bocca per tutta la durata del processo (5 anni).
Querele e diffamazioni a mezzo stampa di coloro che erano critici verso l’Opera.
Tutte le testate giornalistiche italiane, dal Giornale al Manifesto sono sempre state in prima linea a difendere a spada tratta il Consorzio, il quale ha sempre investito in modo chiaro (e molto probabilmente anche sottobanco) per avere l’opinione pubblica dalla propria parte, tramite il controllo degli organi di informazione. In particolare si è distinto il Gazzettino, vero portavoce del Consorzio, con articoli derisori verso chi proponeva alternative o sollevava dubbi.
Cronologia del funzionamento del MoSE tra novembre e dicembre 2022
data / ora / livello marea / note
5 novembre / 0910 / 110 cm
21 novembre / 2100 / 97 cm / Chiusura solo Lido
22 novembre / 0930 / 202 cm / Evento eccezionale
23 novembre / 0900 / 145 cm / marea eccezionale
24 novembre / 0900 / 133 cm
25 novembre / 0900 / 133 cm
04 dicembre / 0800 / 115 cm / chiusura bocche di Lido e Chioggia
05 dicembre / 0830 / 110 cm
09 dicembre / 1045 / 110 cm
Marino Coltro, novembre 2022.
Articolo in aggiornamento…
Sito ufficiale: www.mosevenezia.eu
Bibliografia: SOTTO IL SEGNO DEL MOSE, Venezia 1966-2020, Giovanni benzoni, Salvatore Scaglione – La Toletta edizioni.
Foto: Ytali.com, associazione di giornalisti indipendenti.